K 2.0, i Kula Shaker dall’India al brit pop

kula shaker musichecultureDopo sei anni di silenzio tornano i Kula Shaker con un nuovo album, ma K 2.0, uscito a febbraio 2016, accantona gran parte di quelle sonorità orientali e psichedeliche che contraddistinguono la band di Crispian Mills per concentrarsi su rock e brit pop. Arrangiamenti e intro di brani come Infinite Sun e Oh Mary amano conservare i vecchi retaggi indiani, il sitar e la tambura tra gli altri strumenti, non si può negare, ma le 11 canzoni di questo disco sono fatte per suonare rock e pop nella nostra era. Infatti, era il 1996 quando i Kula Shaker esordirono con l’album K, ma oggi, a distanza di 20 anni, Crispian Mills (voce e chitarre), Alonza Bevan (basso), Harry Broadbent (tastiere) e Paul Winterhart (batteria) diventano K 2.0. Sempre molto parchi nel pubblicare nuovi dischi (il secondo album, Peasants, Pigs And Astronauts, arrivò nel 1999; Strangefolk, nel 2007 – ma in mezzo vi furono una rottura e una reunion – e Pilgrims Progress, nel 2010), i Kula Shaker non sono dei nostalgici degli anni Sessanta e Settanta della musica, ma amano la varietà stilistica e continuare a percorrerla lungo la propria personalissima strada della sperimentazione. Un’ottima band anche dal vivo (si sono fatti apprezzare in due splendidi concerti italiani, a Milano e Roma il 25 e il 26 febbraio scorsi) con un ottimo nuovo album dai colori a volte vivaci e con un’attitudine che è perfino rock and roll (Get Right Get Ready), a volte lento e melodico (Love B Whith You), altre ancora classicheggiante (High Noon) e freak folk (33 Crowns). Continua a proporre belle canzoni “l’ultima grande band eretica del rock britannico”, come la definì Paul Moody del Guardian. Ma se K 2.0 non diventasse un disco di platino come il suo omonimo antenato (quasi come se nell’era 2.0 ciò fosse diventato fuori moda) si farebbe ascoltare e apprezzare parecchio (tanto che Infinite Sun, l’opening track, è l’adattamento di un mantra che Mills e i suoi cantavano prima di esibirsi nei club quando erano ancora diciannovenni), con la protezione spirituale di quella dea Kalì raffigurata in copertina e del mistico induista Kulacēkaraṉ che aveva ispirato al gruppo il proprio nome e questo gioco musicale di contrasti, citazioni ed evoluzioni.

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