Non riesco a sfuggire a Sanremo

Non amo particolarmente il Festival di Sanremo, ma sono stata “educata” a guardarlo. Il merito (o il demerito) non è stato però dei miei genitori, bensì di un mio vecchio insegnante che ricordo con particolare affetto. In fondo, quando ti occupi di musica, volente o nolente, anche se il Festival di Sanremo – noioso, scontato, brutto per tanti, snobbato da molti – devi seguirlo e anche con grande attenzione. Ecco perché, annualmente, una specie di riflesso condizionato mi dice che, in qualche modo, del Festival di Sanremo mi devo assolutamente interessare. Oltre il gusto personale, visto che il clima festivaliero coinvolge prima o poi tutti i musicofili nel bene e nel male, aggiornato il post precedente con la scaletta dei brani andati in onda lunedì, se farete una capatina sul sito della web-radio che trasmette il mio programma, domani mattina alle 11.00, mi sentirete parlare, di nuovo, del Festival di Sanremo. Il trionfo della canzone italiana per antonomasia, un palco che quest’anno ha voluto essere internazionale in maniera diversa dal passato: infatti gli ospiti stranieri non si sono limitati a fare la loro semplice apparizione ma hanno contribuito alle celebrazioni della musica tricolore. Le accoppiate fra italiani e stranieri al festival non sono una novità: nel 1969 e nel 1991, per esempio, gli ospiti stranieri furono addirittura in gara, con la stessa canzone dell’artista italiano, ma tradotta in inglese. Quest’anno invece, gli artisti stranieri – intervenuti semplicemente come ospiti del Teatro Ariston – hanno pagato un pegno per la loro esibizione sul palco del Festival dei Fiori: per poter proporre la propria musica, avrebbero dovuto interpretare anche una canzone del repertorio italiano che fosse nota in tutto il mondo. Dunque, tra le solite interpretazioni evocanti la nostalgia, ci ricorderemo forse quella del trio Morandi (presentatore), Arisa (concorrente), Josè Feliciano (ospite), venuta fuori particolarmente emozionante, anche per le nuove generazioni che non conoscevano il brano Che sarà. Loredana Bertè, dalle corde vocali ormai stanche, ha avuto uno straordinario coraggio ad interpretare la canzone di sua sorella,  Almeno tu nell’universo. Un trio, questa volta, è stato piuttosto sui generis: Gigi d’Alessio c’entra pochissimo col soul di Macy Gray ma quasi niente perfino con il rock “all’italiana” di quella validissima interprete che è Loredana Bertè. Come molte valenti voci femminili italiane, anche la Bertè vanta un carnet invidiabile di canzoni scritte per lei da alcuni dei più amati cantautori italiani: adesso…le è toccato anche d’Alessio… il tempo, evidentemente, passa per tutti, ma la canzone, Respirare, ha permesso a Loredana Bertè di tornare sulle scene. Brano orecchiabile ma melodicamente deludente. Testo scontato. La canzone è piaciuta alla giuria popolare ma non a quella dei giornalisti. Di questa edizione del festival ho apprezzato il rock di Brian May: la canzone di joe Sentieri, Uno dei tanti. Portata al successo da Tom Jones col titolo di I, Who Have Nothing e  divenuta un cult del soul, a Sanremo si è ben prestata all’interpretazione del chitarrista dei Queen e di Kelly Ellis, saliti sul palco del festival per promuovere la loro nuova edizione del musical We Will Rock You e grazie all’amicizia fra May e Zucchero. Quest’ultimo, infatti, è riuscito a convincere il vecchio Brian May a salire sul palco  per duettare con Irene Fornaciari che, comunque, grazie alla voce che ha, non avrebbe certamente bisogno delle raccomandazioni del suo papà. Confesso, tuttavia, che May alla chitarra mi stanca presto. I Queen, non mi sono mai piaciuti: troppo pomposi, troppo altezzosi, geniali nell’arte della conquista del pubblico e poveri di idee musicali, se non altro perché la loro creatività che non è mai stata in grado di sorprendermi. All’altezza delle aspettative non è stato nemmeno Eugenio Finardi: con la sua “vena rock” è riuscito a massacrare la versione inglese di “Torna a Surriento”: ma forse non era sua la vena rock …Era quella di Elvis Prestley…. Ebbene: il mio discorso su Sanremo è lacunoso. Parziale, lo sarà anche domattina: francamente, non ce l’ho fatta a guardarlo tutto per un’intera settimana: ho seguito la puntata di giovedì, quella dei duetti (ancora non ho sviluppato la pazienza necessaria per sorbirmi i lunghissimi monologhi di Celentano), e, per qualche minuto, quella di sabato, ma giusto il tempo di ascoltare l’intervista che Morandi ha fatto a Dolores O’Riordan (I Cramberries tornano insieme e con un nuovo disco) che non conosce le canzoni del festival di Sanremo e che ha praticamente detto (fra le righe) che, fuori dall’Italia e della sua partecipazione come ospite, non ne aveva mai sentito parlare. C’è una cosa che invece mi è piaciuta davvero: una delle canzoni italiani più belle che siano mai state scritte in un’interpretazione davvero eccezionale ed emozionante: la riproporrò domani.

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Pubblicato da musicheculture

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