Viaggio in Africa

Parte oggi Music Around The World, una delle novità di deliradio che ogni lunedì mattina vi porterà lungo i percorsi della musica nel tempo e nello spazio geografico. Oggi vi conduco in Africa: fermiamoci subito in Congo, con Nyoka Longo e il suo gruppo Zaiko Langa langa e questa che ascolteremo tra poco è ambasi.

L’ Africa una terra, ricchissima di suoni e  di ritmi differenti eppure nel continente, in nessuna lingua e cultura esiste un termine originale per dire “musica”.  Ma esistono tante parole quante sono le forme e gli stili musicali. E ciò dipende dal fatto che in Africa la musica non è  un concetto astratto come  per gli occidentali. In Africa, la musica non ha bisogno di essere pensata come se fosse un oggetto che si chiama col suo nome. In Africa la musica  non è pensata come idea ma è vissuta come manifestazione naturale della vitalità stessa delle persone : cioè la musica non è qualcosa di separato dal respiro, dall’essenza della  vita . Un respiro naturale che accompagna tutti gli atti della vita. In molte culture africane la musica ha un significato addirittura più grande della vita umana. Spesso si crede che abbia preceduto la venuta dell’uomo o che sia un canale privilegiato di comunicazione con le divinità. La musica in Africa non è mai un accompagnamento ma esprime una funzione:  ancora oggi segna un rito di passaggio, una dimensione sociale, un compito, un lavoro.  Di solito, ogni forma musicale africana prende il nome dallo strumento musicale che si utilizza per suonarla. Certamente il  termine “musica”, oggi esiste, anche in Africa, ma per le diverse culture africane il termine  “muzik” o “muziki” o “musique” è una parola straniera che hanno importato dall’Europa e che usano per definire la musica nostrana, quella che si fa in Occidente. In Africa la musica non è mai separata dal ballo: ne sa qualcosa Sunny Adé, che ha portato in giro per il mondo il juju, una delle varianti della musica pop nigeriana, ricca di ritmi e di tempi dilatati che permettono di ballare, ballare, ballare… pioniere della musica juju fu Tunde King, negli anni 20. Come la maggior parte delle forme musicali africane, anche il juju, nato in Nigeria, prendeva il suo nome dallo strumento privilegiato per quella forma musicale: il cosiddetto tamburo parlante, quello stesso tamburo che servì agli schiavi deportati in America per passarsi messaggi in codice ed organizzare la fuga. Quello che per noi europei è comunemente conosciuto come “talking drum”, per i nigeriani è lo LYA LLU (LEGGI : JGIA iU), da cui sembra appunto che sia derivato il termine jùjù. Una mescolanza di ritmi antichi e moderno afro-beat che andiamo ad ascoltare con Sunny Ade in questa Me le se, tratta da un live a Seattle di qualche anno fa.

Me le se King Sunny Adè and his african beats, live, Seattle, 29/06/2009

Oggi possiamo dire che la musica africana non ha più quel sapore esotico  o misterioso di un tempo: il suo fascino è penetrato in ogni angolo del mondo e niente è rimasto incontaminato da influenze esterne. Oltre e prima dell’affermarsi della world music, tutta la musica africana — a cominciare dal reggae — ha dovuto scendere a compromessi con la musica pop occidentale. E infatti, negli anni 80,  ecco che ci ritroviamo con un Sunny Ade che, in coppia con ONYEKA ONWENO, canta

WAIT FOR ME

Un pezzo di meno di 4 minuti,  che fu realizzato per la Island record. Pensate che la ISLAND RECORD è stata l’etichetta discografica jamaicana che ha lanciato Bob Marley. A Bob Marley deve la sua fortuna ma ha importato anche  gli  U2, i Getro tull, i traffic e robert Palmer,  in terra jamaicana. Finchè, negli anni 90, non fu assorbita dalla Polygram. Su consiglio Martìn Meisonnier, il produttore francese che  preparava il suo debutto internazionale,  Sunny Adè, alterò la struttura della juju music: operò dei tagli, ricavandone un afro-beat dalle influenze molto “americane”, perché  – pensava il re della juju music – gli occidentali non sono abituati ad ascoltare registrazioni troppo lunghe. Questi cambiamnti gli hanno permesso di diventare famoso in tutto il mondo.  Ma la juju music originale è musica tribale che assolve a molte funzioni culturali, compresi i canti di lode e di ringraziamento che il popolo yoroba, quello che forgiò questo tipo di musica, dedicava  alle divinità sia locali sia cristiane. Negli anni 50, la musica  juju più moderna era rappresentata dal movimento dei TOYE. “TOYE” era uno dei nomi per indicare la marijwana. Un innovatore del juju è stato Ebenezer Obey, che amplia la sezione dei fiati e delle chitarre – rigorosamente awaiane – e introduce la batteria.  Sembra un fatto strano, eppure è parte della filosofia di molte tribù africane il fatto di aprirsi alle culture che vengono dall’esterno, che sono al di fuori dei propri confini. Ecco perché nella musica juju è possibile trovare anche le chitarre awaiane o strumenti come il kazoo. Obey,  poi, sostiene di aver inventato il sistema MILIKI, cioè uno stile personale in cui le chitarre sono: il basso, la ritmica e la solista, unite alla sua chitarra awaiana, che fanno 4.

Ma dalle chitarre awayane della moderna juju music,  si può passare ai violini e alle chitarre rock provenienti dal Mali: loro sono Amadou & Mariam sono una coppia di musicisti del Mali; Amadou Bagayoko (Bamako, Mali, 24 ottobre 1954) è chitarrista e cantante, Mariam Doumbia (Bamako, 25 aprile 1958) è cantante. Il duo, conosciuto come la coppia cieca dal Mali, si formò all’Istituto per giovani ciechi del Mali, dove Bagayoko e Doumbia si conobbero e condivisero la passione per la musica. Lo stile musicale della coppia è basato su contaminazioni tra musiche tradizionali malesi e chitarre rock, violini siriani, trombe cubane e altri strumenti tradizionali di Egitto, Colombia, India e altri paesi. Il genere viene spesso chiamato african blues. Tra il 1974 e il 1980 Amadou suonava con i Les Ambassadeurs du Hotel. Negli anni ottanta sposò Mariam e diede inizio a una carriera musicale insieme a lei, pur senza interrompere la propria attività solista o la realizzazione del programma musicale in cui era impegnato presso l’istituto per ciechi dove aveva conosciuto sua moglie. Nel 1985 la coppia aveva raggiunto un certo successo anche fuori dal Mali, e iniziò un tour nel Burkina Faso. L’anno seguente si trasferirono in Costa d’Avorio e in Nigeria per effettuare alcune registrazioni e successivamente a Parigi per registrare il primo album, Sou Ni Tile, ben accolto dalla critica francese.

Il brano che andiamo ad ascoltare s’intitola M’BIFE’ BLUES, un pezzo particolare, un po’ afro – house:

Ma esiste blues e blues: ci sono le varie forme di Blues nate negli stati Uniti e c’è un blues tutto africano, dal sapore molto mediterraneo, come quello di Boubacàr  Traoré,  musicista malese, e questa è: TUNGA MAGNI.

Certamente che la musica africana ha fatto il giro del mondo, e non si può dire che abbia ispirato pochi musicisti sul suo cammino. Un esempio eclatante è il folk singer americano Pete Seeger che, nel 1952,  col suo gruppo folk The Weavers , incise per la  Folkways, “Wimoweh”, una canzone di origine sudafricana, meglio conosciuta come : The Lion Sleeps Tonight. Una delle canzoni africane più famose al mondo, tanto da spopolare anche nel mondo dei catoni animati, nasce nel 1939 e s’intitola Mbube, che nella lingua Zulu significa “Leone”. L’autore fu Solomon Linda, che la ricavò da una vecchia melodia africana e la incise per la Gallo records. La canzone vendette 100 mila copie e divenne così popolare che il nome “Mbube” venne preso in prestito per indicare uno stile di musica a cappella africana. Ma Solomon Linda non ricevette un soldo per i diritti d’autore della sua canzone e così, nonostante il suo grande successo, morì povero in canna.

L’ascoltiamo nella versione originale, quella realizzata da Solomon Linda col suo gruppo The Evening Birds, in una splendida esecuzione a cappella.

Nel 1952 il gruppo folk The Weavers di Pete Seeger, su invito della Folkways, incise la sua versione intitolata “Wimoweh”, che vedeva riunito il coro della canzone originale di uyimbube (che significa “tu sei un leone”) e gli apporti melodici originali, con l’aggiunta del classico ritornello che tutti conosciamo. La canzone venne accreditata sotto il nome di Solomon Linda e Paul Campbell (Campbell era lo pseudonimo dei quattro membri del gruppo). Ma la sua popolarità di massa arrivò nel 1961, quando il gruppo dei Tokens la incise con tutte le parti melodiche aggiunte da Pete Seeger e le armonie vocali tipiche di uno stile tutto americano che è stato il DOO – WOOP. Questa è la versione finale: THE LION SLEEPS TONIGHT.

E questa era la storia di un canto  africano diventato un pezzo folk Americano.  Ma esistono anche casi in cui la musica fa il giro al contrario e, se è vro quel che dice il proverbio: che “tutte le strade della musica portano a Roma”, ecco Yousou N’Dur con Borom Gaal, che il lingua wolof significa “il proprietario della barca:

La canzone, colonna sonora di un film del 2007, “Billo” suscitò molte polemiche, soprattutto perché il vero “proprietario della barca”, al secolo Romo Balzani o, meglio, i suoi eredi, reclamarono giustamente i diritti d’autore.

Si conclude così la prima puntata di Music Around The world, che oggi è andata in Africa. Se volete, potete ascoltare la trasmissione ogni lunedì mattina, dalle 11 alle 12 su http://www.deliradio.it/, oppure consultare la sezione dedicata nel blog per trovare trascrizioni, contenuti e tracklist

Pubblicato da musicheculture

Musicheculture, sito di informazione, storia, attualità e cultura musicale diretto Giuseppina Brandonisio,

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