Abbracciami forte

A quell’azalea ieri si è spezzato un ramo e l’ho inserito in un vaso con dell’acqua, sperando che sviluppi delle radici per poterlo ripiantare. Questa mattina, accidentalmente, come puoi vedere (che stupida che sono: non puoi vederlo!), se n’è spezzato un altro e l’ho inserito direttamente nel terreno, sperando che possa sviluppare delle radici e continuare la sua vita. Mi manca la tua presenza sul balcone di casa mia! Ieri, 19 marzo, è stata una giornata tristissima e orrenda: ho pianto di disperazione per il solito problema e ho trascorso del tempo con un’amica che non hai fatto in tempo a conoscere. Le ho chiesto della sua musica preferita e delle sue canzoni e, a sorpresa, a parte un cantautore che forse ha scoperto grazie a me, mi ha risposto: “Mahmood”. Allora le ho fatto ascoltare Santa Allegria, che il cantante in questione interpreta in coppia con Ornella Vanoni, e sarà questa la ragione  se in queste ore mi passa per la testa una canzone dal titolo Abbracciami forte. Certamente, quando Mogol e Donida la scrissero per proporla al Festival di Sanremo nel 1965, pensarono a una storia d’amore impossibile perché lei decide di lasciare il suo amante per restare accanto all’uomo che ha già. Ma io… quell’incipit questa mattina… …Lo so… La mia vita è diventata orribile ed è colpa dei persecutori che ho trovato via Internet! Oggi, 20 marzo, la guerra non è più soltanto a portata di telecomando. Nel giorno in cui ricorre l’anniversario dell’uccisione di Ilaria Alpi, mi accorgo di come mi abbiano uccisa dentro, non solo come giornalista ma anche come donna e persona. In cerca di uno spazio salutare, dovrei fare (ancora una volta?) come la nostra amica “Serena”, la quale si cambia il nome su Facebook sperando di non essere trovata mentre pubblica le nostre foto o i nostri momenti di vita, ed è fortunata perché la violenza dell’essere hackerata e spiata (quella che mi ha uccisa dentro, appunto), almeno lei, non l’ha subita mai. La mia mente ormai è logora: non sono riuscita né a curarmi né a riprendermi e, in più, sono costretta a farmi carico dell’ingerenza assillante, violenta, molesta e malefica di questi stalker silenziosi che chiunque scambierebbe per invenzioni della mia mente, mentre so benissimo di avere i dipositivi controllati e l’immensa paura che, anche dopo il cambio del numero di telefono e la rottamazione di questo anzianissimo pc, possano ancora raggiungere i miei spazi intimi e mentali: avrei voluto “accontentarmi” di una parafrenia, di una psicosi, di una paranoia, di una “sindrome reattivo-depressiva” come quella sviluppata a suo tempo da Francesco, di un disturbo di natura psicologica o psichiatrica per davvero, e solo e soltanto per non dirmi e sapermi perseguitata da qualcuno che è umano (anche se non si direbbe!) e cosciente di quello che fa! Mi sento incastrata! Non riesco più a scrivere, ad esprimermi, a pensare, a dormire, a concentrarmi, a sperare, a tirarmi fuori, a credere che ci sia una via d’uscita! Non riesco a comprendere perché quegli individui si comportino in questa maniera. Uno di loro l’ho interpellato e mi ha risposto di non saperne nulla: stavo per credergli, ma il suo amico ha dato chiarissimi ed evidenti segni di presenza-ingerenza nel mio spazio privato, quello della mente con cui vivo, penso, mi esprimo e scrivo. A raccontarla in questo modo, dovresti saperlo, sembro una schizofrenica! Maria, la mia amica che ama le canzoni di Mahmood, ha detto: “Basta: tu devi vivere!” e io le ho dato ragione. In fondo, non posso spendere la mia vita facendo da bersaglio per ogni psicopatico e malintanzionato che ho la sfortuna d’incontrare sulla mia strada! La luce del tuo animo, che portavi a questo e a l’altro mio balcone, mi manca troppo! Vorrei che tu potessi abbracciarmi forte e non essere più stritolata tra le parole di cattivi autori… anzi… di autori discreti e perfino ottimi, ma uomini cattivi, cattivi, se non crudeli… Il pagliaccio in questione, prima di iniziare un concerto una sera, a un mio complimento rispose: “Non sono bravo: sono discreto!”. Il mentitore intendeva il contrario, ossia: “sono bravo e sono indiscreto”: è uno dei miei stalker, costui. Forse è il peggiore. L’albero della pineta che si trova al di qua del tramonto su Roma come lo vedevi tu, dalla tua terrazza, ora disegna una curva nello spazio tra il cielo e il terreno in cui è piantato fiancheggiando la strada trafficata di città, coi suoi negozi e le villette a schiera, il supermercato,  “Acqua & Sapone”, la via in cui hanno dato fuoco ad alcune automobili e la chiesa. Mi sembra d’aver perso vita e vitalità, ma non sono depressa. La parola giusta è: “oppressa”, di conseguenza: “arrabbiata”, dunque, “impotente”, allora: “disperata”. ζωή è la vita essenziale che sento venirmi sottratta. E’ una parola che mi paralizza ricordandomi chi e cosa siano diventati i miei possessori. Stamani pensavo (senza esagerare) che, se potessero, certi pagliacci deciderebbero le sorti della mia vita organica, perfino! ζωή è ormai per me come la vita che muore, come un nastro che trasmette una bella canzone ma che a un certo punto viene inceppato, se non tagliato adirittura. Io resto lì a chiedermi il perché avessero deciso di farlo! Finché quel nastro scorreva (come la mia vita e, per essere esatti, fuor di metafora: come girava un CD nel mio lettore), vivevo pensando alle decisioni da prendere. Avevo mani che scrivevano e vivevano (le mie), altre che suonavano, ricordi, impressioni, tramonti abruzzesi, paura del vuoto ma anche i giusti slanci. C’era anche un incipit musicale di cui non sai, un breve video che mi mostrava le mani di quella canzone, il mio animo, la neve, lo scorrere del tempo esistenziale, il diritto di mettere fine alla mia vita biologica per interrompere il massacro della mia vita emotiva, l’estate, un tentativo di virare su altro scrivendo e fingendo di interessarmi di musica. … Fingendo… Fingendo che fosse ancora musica… …La decisione di non tradirmi, però, mi ha rimessa al centro di quella persecuzione di cui non hai mai saputo. Tu pensavi che all’interno di quell’effimero mondo dello spettacolo io mi trovassi bene! Vorrei poter diventare come la nostra amica Serena e avere uno spazio tutto per me: eutopia! Mi sento smembrata fin nell’essenza vitale, invece, e proprio da chi fa le parole crociate con le parole e le immagini che suggeriscono le canzoni, smontando in compenso la mia umanità. Oggi, che ho smesso di scrivere e di lavorare, i miei pensieri implodono e muoiono compressi per effetto dell’ingerenza di terzi e il pagliaccio non lo sa, non lo capisce oppure lo sa e se ne frega, perché tutto ciò lo vuole… Abbracciami forte da lassù, se puoi, nella forma in cui puoi, e non dimenticarmi, se puoi e nella forma in cui puoi. Aiutami, se è vero che esistono i santi o gli angeli e che io ne abbia incontrati. Sostienimi, se è vero che, anche mentre si è biologicamente morti, nel ricordo di chi ti ha amato e ama ancora si possa eternamente cantare.

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Pubblicato da musicheculture

Musicheculture, sito di informazione, storia, attualità e cultura musicale diretto Giuseppina Brandonisio,

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