Alt+j: An Awesome Wave

Sto ascoltando An Awesome Wave, il disco col quale gli Alt-j debuttano quest’anno e concorrono al premio Mercury Prize 2012. Su questa band indie la stampa specializzata ha versato fiumi di parole per spiegare quanto fossero bravi e alternativi. Sono inglesi, fanno pop, hip pop, trip pop. La loro “onda impressionante” pare esser la rivelazione del 2012, levatasi dal mare dell’indie britannico. Eppure a me il disco sembra terribilmente noioso. Si apre con un brano dal titolo “ intro”: melodicamente è banalissimo, accostato ad un arrangiamento scarno e fatto di chitarre e tastiere elettroniche, che gli conferiscono un suono cupo e ipnotico, quasi pastorale. Non che vi abbia trovato una così straordinaria originalità, soprattutto considerando il fatto che il gruppo si annuncia come se fosse il “cambiamento”: Alt+j infatti sono i tasti che, premuti insieme, danno il simbolo matematico di “Δ”, che vuol dire, appunto, “cambiamento”. Quest’onda impressionante è suggestiva, sebbene infarcita di suoni elettronici che sanno tenersi in piedi a stento sul trip hop più scontato, cercando di sfiorare un atteggiamento “bluesy” e “soul” che in realtà non adottano mai. Ripe & Ruine è un canto a cappella che vorrebbe ammantarsi di sacralità ma che è tremendamente soporifero e forse anche un po’ ridicolo. Va molto meglio col 3° brano, “Tessellate”, ma già dall’ascolto delle prime note il dubbio mi assale e mi chiedo: dov’è la novità?” Si tratta semplicemente di un brano che recupera sonorità elettroniche un po’ spente e le unisce alla vocina, flebile e nasale, di Joe Newman, che è bravissimo nel farmi addormentare. Breezeblocks segue il flusso delle canzoni precedenti, tanto che Guitar, pezzo acustico e strumentale, si presta benissimo come ninna nanna. Nella seconda parte dell’album emerge invece con maggior evidenza l’anima folk-pop intessuta d’elettronica, del gruppo che nel 2007 esordì in quel di Cambridge (all’università) ispirandosi ai Fleet Foxes, per poi darsi a quel loro alternative-rock che comunque, a mio avviso almeno, è ben lontano dal conquistare. In sintesi: il gruppo si presenta come se fosse una novità strepitosa. La stampa specialistica gli ha già consegnato una bella coroncina ma a me sembra che gli Alt+j siano molto al di sotto delle aspettative. Le ballate pastorali poi, piatte, prive d’originalità, – come dicevo – sono di una noia mortale. An Awesome Wave, tutt’altro che “ipnotico”: fa venire il sonno. Adesso che i 4 di Cambridge vengono in tour in Italia (il 28 novembre a Madonna dell’Albero (RA) e il 29 novembre a Roma, al Circolo degli Artisti), leggo su di loro parole lusinghiere:il disco sembra un “capolavoro di alt folk e di sperimentazione”, mentre il talento compositivo e vocale di Newman dovrebbe lasciare tutti a bocca aperta…per gli sbadigli, forse. Qui si può ascoltare in parte. Ma se cercate in giro per il web, il download del disco sicuramente lo trovate.