Annotazioni sotto la pioggia

ROMA – Annotazioni sotto la pioggia di oggi Sabato, 8 febbraio 2025. Da quando musicheculture è diventato un magazine (qui), questo suo gemello torna a essere, anzi, diventa, ciò che mai era stato fino in fondo: un blog di pensieri personali. Pensieri che le canzoni accompagneranno sempre, ma senza quell’affanosa ricerca d’attualità che, spesso, affretta questa giornalista che scrive quasi sempre per il pubblico, di cose che interessano al pubblico (lo spero) e quasi mai di ciò che riguarda o interessa a lei. In questo diario, da oggi troveranno spazio pensieri un po’ più vicini al mio vissuto  e l’esigenza di raccogliere e imprimere su carta digitale riflessioni che non necessariamente vorrei condividere con chiunque o far conoscere fino in fondo, fatto salvo, comunque, quell’imperativo al quale non riesco proprio a sfuggire: la chiarezza, altrimenti: che scrivo a fare? Certamente, in questo trentanovesimo giorno del nuovo anno, penso che il 2024 se ne sia andato via trascinando con sé moltissimo di me e anche alcune persone care. Oggi, restano le inquietudini legate alla guerra e allo scenario internazionale assai preoccupante, una pioggia invernale che batte sui vetri delle finestre, automobili che, sguazzando coi pneumatici sulle strade allagate, amplificano i rumori del traffico di Roma. Ed è questa la musica di oggi: i suoni della strada, di un cellulare che invia notifiche, di pensieri che battono lenti e preoccupati nella testa, tra situazioni difficili da sbloccare e il ricordo delle parole di un’ultra centenaria di qualche giono fa, al telefono: “Come stai? Hai delle novità da raccontare?”. La risposta è: “ancora no”. Se il mio post fosse uno stato su Facebook, dunque, oggi dovrei dichiararmi triste, ma di una tristezza lenta e nebbiosa. Spenta, come il cielo umido dopo le sette di sera. Un gran senso d’infelicità vorrebbe entrarmi nell’animo, ma provo (vanamente) a sbarrargli la porta. Nulla sta andando bene, o quasi, ma – chissà perché? – quando si è tristi e malinconici, io soprattutto, ci si vergogna un po’ a raccontarlo in giro perché a vincere è il timore di rattristare o di tediare qualcuno. Mi manca il poter chiacchierare e cantare con… Vorrei rinnegare una fetta del mio vissuto, accartocciarlo e buttarlo via assieme alle persone inutili e dannose, mentre gli amici che perdo (li ricordo) erano più brllanti del sole… …mi racconterebbero con un sorriso di una pizza da condividere o di una vecchia puntata di “Quella casa nella prateria”, indimenticabile serie televisiva dell’infanzia che ti riporta in un’atmosfera sospesa nel tempo proprio mentre la cruda realtà della guerra in Ucraina, della carneficina in Palestina, putroppo, irrompe dai telegiornali e un giorno come un altro si spezza in due, concedendo al tempo di correre a due volocità ma anche in due direzioni opposte. Sempre qualcuno che non c’è più, forse,  a quest’ora, mi ricorderebbe Strada facendo di Claudio Baglioni per sperare oppure addirittura questa My Melancholy Baby di Ella Fitzgerald, pubblicata nell’aprile del 1960 e inserita nell’album dal titolo: Let No Man Write My Epitaph, per esorcizzare demoni e tristezze. Ma io preferisco citare questa canzone: Sotto la pioggia e con essa la speranza che, prestissimo, questo tempo infelice e che si autodistrugge, che va a due velocità e in due direzioni opposte, possa permetterci di cantare serenamente, gioiosamente.

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Pubblicato da musicheculture

Musicheculture, sito di informazione, storia, attualità e cultura musicale diretto Giuseppina Brandonisio,

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