Iran: dove le donne non possono nemmeno cantare

Ovviamente, certi mostri, non hanno il coraggio d’ammettere che si tratti di omicidi di Stato, quando l’ennesima donna iraniana muore “accidentalmente” sotto i colpi sparati dalla polizia armata, nell’attimo esatto in cui una giovane, attivista come era lei, passa di lì. Il 9 marzo 2024, quando in Italia le mimose erano ancora fresche e profumate, Negar Karimian veniva colpita a morte nella città di Aligurdaz, in Iran, mentre viaggiava in auto con suo padre. Aveva 21 anni e lottava per la libertà e la dignità femminile in quel paese dov’è nata e che alle donne, malgrado i diritti riconosciuti, almeno sulla carta costituzionale, riserva ancora questo destino. La polizia ha dichiarato di aver sparato per errore. Ma questa non è la prima volta che le forze di sicurezza iraniane uccidono arbitrariamente una donna innocente: il 19 gennaio 2024 aprirono il fuoco su un’altra auto (a Boroujerd) su cui viaggiava Anahita Amirpour, attivista e studentessa universitaria di vent’anni. Soha Etebari, uccisa il 25 dicembre del 2022, era ancora più giovane: aveva soltanto dodici anni. Si tratta di donne soppresse che rivendicavano il loro diritto di essere donne e sottrarsi alla violenza della sharia, per la quale l’abuso è la norma. Infatti, nonostante dal 1979 alcuni articoli della Costituzione iraniana sanciscano la pari dignità tra uomo e donna, in nome della religione o di una morale distorta, alle donne iraniane vengono ancora imposti tutti i divieti e le imposizioni che conosciamo, dall’abbigliamento, al modo di portare i capelli, all’educazione, fino alla scuola. Una donna iraniana non ha il diritto di esprimersi, non può scegliere. Le donne hanno il dovere d’indossare il chador e il hijab, altrimenti le arrestano e spesso  violentano e torturano in carcere, malgrado ciò  venga raramente scoperto. Le donne iraniane non possono cantare (se non con un uomo, per fargli da spalla) e non possono in alcun caso ballare. Mahsa Amini, uccisa il 16 settembre del 2022 a Teheran, era la ventiduenne arrestata con l’accusa di portare il velo in maniera scorretta: fu arrestata semplicemente perché le si vedeva una ciocca di capelli. Il popolo allora insorse scendendo in piazza, ma la repressione fu più forte. Le donne iraniane sono ancora in prima linea per difendersi da abusi e discriminazioni ma, quando non perdono la vita, vengono boicottate in moltissime altre forme, ad esempio, impedendo loro l’accesso ai servizi sanitari, ai trasporti, al lavoro, giusto per sancire il diritto all’ineguaglianza. Ho ricevuto la notizia dell’uccisione di Karimia dal giornale radio trasmesso dall’emittente di un supermercato mentre facevo la spesa. Una canzone sanremese poi mi ricordava che non siamo tutte uguali e che a cantare siano effettivamente soltanto delle privilegiate: le donne libere. L’Iran, invece, è il paese dove le donne non possono cantare. Kimia Ghorbani è iraniana e fa la cantante, ma lei vive in Italia da molto tempo. Nel 2016 partecipò come concorrente a The Voice. Poi realizzò Primavera della vita, una canzone col testo iraniano e la musica di  Ma che freddo fa,  composta da Claudio Mattone, con le parole di Franco Migliacci e interpretata, nella versione originale da Nada. Primavera della vita venne dedicata a Reera Esmaeilion, una bambina morta sul volo PS752 partito da Teheran l’8 gennaio 2020, insieme a sua madre. Erano state al matrimonio della zia e stavano tornando in Canada dal padre e dal marito, quando i missili dei Guardiani della rivoluzione abbatterono l’aereo, tre minuti dopo il decollo, ponendo fine alla loro vita. Reera morì che aveva appena nove anni.. In quell’occasion Kimia Ghorbani lanciò un appello ai ragazzi delle scuole iraniane, chiedendo loro di scioperare contro il regime, e ricordò come  Reera non fosse la prima né sarebbe stata l’ultima vittima del regime iraniano, come purtroppo mostrarono le cronache che parlarono della  morte di due ragazze sedicenni,  Nika Shakarami e Sarina Esmailzadeh, durante le proteste per la morte Mahsa Amini… …Non regalateci mimose, dunque, ma difendete la nostra dignità.