Life on Mars? Quel sogno di Bowie tremendamente attuale

“È una piccola, terribile cosa per la ragazza coi capelli castano topo”. Questo è il primo verso di Life on Mars? di David Bowie, la quarta traccia dell’album Honky Dory, pubblicato dalla RCA nel 1971, che uscì come singolo il 22 giugno del 1973. Una melodia che ha incantato il pubblico nei decenni, figlia di un periodo artistico nel quale David Bowie abbandonava il folk psichedelico per tuffarsi completamente nel mondo immaginifico e sfarzoso di quel glam rock che lo ha consacrato come dio indiscusso della scena musicale mondiale. Più che per il testo, Life on Mars è ricordata per la melodia. Due tonalità diverse, l’inizio in Fa Maggiore, il ritornello in La Maggiore, le prime note incantate e lamentose di Rick Wakeman al pianoforte ( in quel periodo suona negli Yes ma collabora anche con Bowie), lo sviluppo melodico ascendente che tocca l’apice del lirismo nell’inciso, quando la canzone si riempie di archi e di timpani e la voce di David compie i suoi salti verso le note più acute del pezzo, si fanno portavoce della domanda della ragazza: “C’è vita su Marte?”. Il ritornello si conclude poi con l’assolo di Mick Ronson: la sua chitarra elettrica crea, insieme a pianoforte e archi, quell’atmosfera operistica che ha reso indimenticabile la canzone e fa da ponte per la seconda strofa, musicalmente simile alla prima ma col testo che prosegue il suo racconto allargando lo sguardo sullo scenario sociale americano degli Anni Sessanta, con le sue luci e le sue ombre. Wakeman, l’arrangiatore del brano, sarà ricordato per questa esecuzione e consegnato agli annali della storia della musica rock, tanto che, ancora oggi, continua a suonare, parlare, incidere dischi come tributo a David Bowie alla sua Life on Mars?. Col suo vestito sonoro classicheggiante, rock e a tratti psichedelico, “Life on Mars?” (il titolo si scrive col punto interrogativo) finisce al 1º posto tra le 100 migliori canzoni di tutti i tempi, secondo le più prestigiose riviste musicali del mondo, e nella Top 100 di BBC Radio 2, che l’ha definita «un incrocio tra un musical di Broadway e un quadro di Salvador Dalí». In un sondaggio condotto nel 1999 tra i lettori della rivista inglese Q, Life on Mars? è stata inclusa tra i 100 migliori singoli di sempre. Insomma, Life on Mars? è una delle canzoni più amate al mondo. È uno dei brani presenti nel musical Lazarus, scritto da Bowie con Enda Walsh e andato in scena dalla fine del 2015 e conta innumerevoli cover. Il testo, molto criptico, ancora oggi si presta a molte interpretazioni. Costruito su immagini del pensiero, condensa significati molteplici e multiformi, descrive lo scenario interiore di una ragazza delusa e disillusa per il mondo che la circonda e una sua delusione d’amore. Lei osserva il mondo stando in un cinema a guardare un film che l’annoia, mentre un sogno d’amore naufraga. Contesta e viene contestata per le sue idee dalla società. Riflette sulla sua vita e su quello che sta succedendo attorno a lei (la lotta tra bande, gli show in tv, la beatlesmania, la cortina di ferro…), si estranea perciò da quel che ha intorno, tanto schifata da pensare di andarsene via per sempre, e si chiede se almeno su Marte  ci sia la vita (forse Marte è l’ultima speranza che ha per immaginare una vita migliore di quella che ha), concentrandosi su sé stesa e il proprio dialogo interiore, che Bowie racconta in terza persona: È una terribile cosa da poco/Per la ragazza dai capelli color topo/Ma la mamma sta gridando “No”/E papà le ha detto di andare/Ma il suo amico non si vede da nessuna parte/Mentre ripercorre il suo sogno naufragato/Andando verso il posto con la visuale migliore/Ed è incollata al grande schermo/Ma il film è di una noia mortale/Perché lei lo ha vissuto dieci volte, o forse più/Potrebbe sputare negli occhi degli sciocchi/ Quando le chiedono di concentrarsi su Marinai che lottano su una sala da ballo… Life on Mars era il titolo di una trasmissione televisiva in onda negli Stati Uniti negli Anni ’60. Un’altra citazione è: “look at those cavemen go” , tratta dalla hit Alley Oop degli Hollywood Argyles, diventata famosa per l’interpretazione dalla Bonzo Dog Doo-Dah Band nel 1966. Uno spettacolo bizzarro… un poliziotto che picchia l’uomo sbagliato… è quanto racconta il testo, dando l’idea dell’indifferenza, della riluttanza per uno scenario sociale, quello americano, che al centro ha anche le lotte razziali, le contraddizioni della cosiddetta “terra promessa” che sfrutta i lavoratori e dell’ascesa del comunismo in quel momento. Infatti Bowie, dopo aver citato fra le righe Walt Disney, dice che Lennon è di nuovo in vendita, ma pronunciando male il cognome di John, tanto che il cognome del Beatle suona quasi come “Lenin”. Anche tutti gli altri milionari che s’arricchiscono a spese della working class americana Bowie li definisce “topi”. Accidenti! guarda che fanno quei cavernicoli/È lo spettacolo più bizzarro/Da’ un’occhiata al poliziotto/Che dà addosso all’uomo sbagliato./Accidenti, mi chiedo se saprà mai/Che è nello spettacolo di maggior successo/C’è vita su Marte?/E’ sulla fronte torturata dell’Amerika/Che Topolino è cresciuto come una vacca/Ora i lavoratori hanno scioperato per la fama/Perché Lennon è di nuovo in vendita/Guardate i topi in orde di milioni/Da Ibiza alle Norfolk Broads/“Rule Britannia” è proibito/Per mia madre, il mio cane e i clown/Ma il film è di una noia mortale/Perché l’ho già scritto dieci volte, o forse più/Sta per essere scritto di nuovo/mentre ti chiedo di concentrarti su… RITORNELLO Dring-dring-dring…… (Il telefono) Vanno però fatte due precisazioni: la prima, riguarda il riferimento a Marte: Bowie non ha mai confermato che “il pianeta rosso” fosse il nome metaforico della Russia; la seconda, riguarda il verso: “Now the workers have struck for fame” ovvero: “ora i lavoratori stanno scioperando per la fama” che, a  mio avviso, mette in risalto il carattere contraddittorio, individualista e superficiale dell’America, in  questa canzone vista come un mega-show, un fenomeno da baraccone attraverso gli occhi della ragazza, che perciò rifiuta questa società artefatta, chiedendosi se ci possano essere alternative su un altro pianeta. C’è anche del grottesco nella lettura sociale che il Duca Bianco fa degli Stati Uniti d’America e del capitalismo del mondo occidentale, infatti, Lennon così come Lenin, pur onesti nelle loro intenzioni, basano il loro successo (politico o discografico) sulla Working Class Hero: la massa che difendono è la stessa che li compra. Ricorrente nella canzone è l’ immagine dei topi: i ricchi ingrassano grazie ai topi (Mickey Mouse), “color topo” sono i capelli della ragazza della canzone. Non sfugge una certa analogia col simbolismo sociale della letteratura americana: molti ricorderanno il romanzo di William Burroughs del 1959 “Il pasto nudo” nel quale il protagonista, un uomo scartato dalla società, divora un topo morto suscitando disgusto: Burroughs inscena il rifiuto sociale dell’alienato che, contrariamente a ciò che si potrebbe pensare, proprio come la ragazza scartata e alienata di Bowie, è la persona con gli occhi allenati a vedere il mondo nella sua realtà e la mente tanto aperta da poter leggere tra le righe l’incoerenza della società libera e democratica americana. …Un film già visto, di una noia mortale, atrocemente grottesco che, in questi tempi orribili di guerra, nella moderna, democratica e civile Europa avremmo desiderato non vedere.

Pubblicato da musicheculture

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