Non riesco a sfuggire a Sanremo 4: quel poco che ho visto della prima serata e del finale

Scrivendo appunti, di getto, mentre la prima serata del Festival di Sanremo 2023 si stava svolgendo, è venuto fuori questo testo, che pubblico esattamente così com’è rimasto, mentre le mani erano sulla tastiera e gli occhi sulla Tv a raccogliere le mie impressioni “a caldo”. Dopo il monologo di Benigni sulla Costituzione e l’Inno di Mameli cantato come fosse una canzone popolare, La prima big in gara è Anna Oxa con Sali. Canzone bella musicalmente, Fio Zanotti non si smentisce, interpretazione sbalorditiva (l’ultima frontiera dello sperimentalismo vocale della cantante) con l’unica pecca che, deformando le vocali sulle strofe, non sempre si capivano le parole. Giammaria, primo “giovane”, poco originale, praticamente un clone dei cantanti della sua generazione. La canzone s’intitola Mostro e “gIAMMARIA” si scrive così, malgrado il correttore automatico si stia ribellando. Amadeus e Gianni Morandi, presentatori, annunciano l’ingresso di Chiara Ferragni, la prima delle donne presentatrici del Festival: ha un’aria da ochetta gentile e spaesata, dice banalmente: “E’ un onore essere qui” e Amadeus; “E’ una frase bellissima!”. Lei subito si accattiva i presentatori dicendo che guarda il festival da quando c’è Amadeus e cita l’edizione del 2021 “perché lì c’era Fede…”, riceve il suo primo cartoncino e annuncia il “debuttante di successo” su Spotify,  ossia. Mr Rain. Federica Abbate, Mr Rain e Lorenzo Vizzini scrivono questa Supereroi. Melodica, solo al piano, poi archi e arrangiamento tradizionale, è accompagnato da un coro di bambini che cantano su una scala minore discendente che fa assomigliare per un breve tratto la canzone a Bad Romance di Lady Gaga: poco male. La canzone parla d’amore e dell’importanza dell’essere uniti, vicini. Il cantante di Gardesano, collaboratore di Francesco Facchinetti (o Dj Francesco, come molti ricorderanno) ha voluto portare sul palco dell’Ariston il tema della salute mentale,  l’espressione del nuovo pop: orecchiabile, gradevole, il ritornello resta in testa. “Ci sono ferite che non se ne vanno nemmeno col tempo, più profonde di quello che sembrano. Guariscono sopra la pelle, ma in fondo ti cambiano dentro, ho versato così tante lacrime fino ad odiare me stesso. Ma ogni volta che ho toccato il fondo, tu c’eri lo stesso”. La canzone è molto intima e cantata in modo sincero: s’intuisce immediatamente anche lo scopo di Mattia Balardi: parlare del dolore e della sofferenza che ci accomuna e riguarda un po’ tutti spinto dal suo desiderio d’aiutare gli altri attraverso la musica. Intanto, avendo collezionato pochissime ore di sonno nei giorni precedenti, la stanchezza, più della noia, che non c’è per questa edizione molto viva e ricca, al quinto big… sto per addormentarmi, ma Ultimo potrebbe essere proverbialmente tra i primi: è emozionante. M’addormento…e non scrivo su due bionde come Levante e Mara Sattei, per la stanchezza. Intanto, mi guardo le facce del pianista… Marco Mengoni in gara con Due vite, scritta con Simonetta e Petrella (onnipresenti autori in questa edizione? Petrella, che in arte è Tropico, ha scritto anche Cenere di Lazza): com’è melodica questa “…e tu dormi dormi dormi dormi” (purtroppo, sì!)… L’han fabbricata giusta, arrangiata per essere radiofonica, lui canta bene e le parole si ricordano, l’inciso si ricorda e sono tutte melodiche, melodiche e sanremesi queste canzoni, o rap e trap  o pop generazionale con tanto di autotune e vocoder… e “qui non arriva la musica…”: avrebbero potuto scriverla anche negli Anni Settanta… ma, con un’interpretazione simile.. sicuramente Marco Mengoni vincerà: ci scommetto… M’addormento prima della fine dell’esibizione del quinto cantante… Ariete, sempre uguale a sé stessa, sempre la stessa canzone, mi sembra, e quella nota calante e un po’ stonata…le facce di Jacopo Carlini sono particolari… Carina la canzone, caratteristica l’intro (uguale alla coda) al pianoforte… Molte canzoni di questo Sanremo hanno l’inizio suonato col solo pianoforte e arrangiamenti sequenziali. Gianni Morandi e Amadeus fanno il primo siparietto, Morandi suona, Amadeus ascolta… delle 542 canzoni interpretate da Morandi, a Sanremo nel 1972, l’eterno ragazzo ha deciso di cantare “le canzoni brutte” e quella del ’72, secondo lui, lo è… Sta parlando di Vado a lavorare. La ricanta e la risuona per l’occasione, ma  racconta d’aver ricevuto un telegramma all’epoca: “Era ora che andassi a lavorare!”, mittenti: Cocky e Renato. Poi continua a suonare con la chitarra le sue canzoni, brutte ma brutte (se lo dice lui!), tra coretti e risate del pubblico: un siparietto carino e curioso. Mi fermo qui perché la stanchezza m’ha messo K.O.. Ovviamente, Sanremo continuerà, anche nelle radio e io a scriverne e ad ascoltarne, di belle e di brutte. Viva Sanremo! (Continua…)