Patti Smith in concerto. Il rock omaggia anche la poesia italiana

Amore per l’ambiente e rabbia contro la guerra, coraggio e impegno per non abbandonare i piu’ poveri – soprattutto i bambini coinvolti nei conflitti armati – al loro destino, sono i temi che hanno legato le canzoni e le poesie che Patti Smith ha portato sul palco della Cavea dell’Auditorium Parco della Musica di Roma, lo scorso 27 luglio. Insieme al bassista Tony Shananan, amico di una vita, a Jackson Smith, suo figlio, e a Sed Rochford, alla batteria, la sacerdotessa del rock in poco piu’ di un’ora e mezza di concerto è riuscita a trasformare l’anfiteatro a cielo aperto in viale De Coubertin nel cuore pulsante e vivo di un rock che, almeno per una sera, ha sprigionato con eloquenza la sua intensità e con forza la sua voglia d’essere lo specchio dei tempi, aspirando all’eternità. Le canzoni di Patti Smith, ma anche le sue cover di Dylan, Neil Young, Lou Reed e le poesie declamate di Ginsberg e Leopardi, hanno coinvolto e catalizzato le energie del Patti Smith Quartet e del pubblico come se fossero ad un raduno rock, piu’ modesto nelle dimensioni ma non nelle emozioni o per la voglia di ribellione che ha stretto il canto all’unisono proveniente dalla band, dal sotto-palco e dagli spalti quasi completamente occupati. Le 15 canzoni in scaletta non hanno avuto bisogno di presentazioni per merito della loro fama emozionando anche per la  loro straordinaria attualità. Lei, settantottenne,  le ha cantate con la grinta e l’energia di sempre,  le  ha cucite insieme con l’intento di lanciare il suo messaggio, esortando le persone a non smettere di credere che ogni essere umano abbia il potere di migliorare almeno un poco il mondo, invitando tutti, ma proprio tutti, a mettersi in gioco. “Holy! Holy! Holy! Holy! Holy! Holy! Holy! Holy! Holy! Holy! Holy! Holy! Holy! Holy! Holy! The world is holy! The soul is holy! The skin is holy! The nose is holy! The tongue and cock and hand and asshole holy! Everything is holy! everybody’s holy!”: la poesia ritmica di Allen Ginberg, Footnotes to Howl è stata accolta con qualche grido d’entusiasmo quando Patti Smith, assieme alle jazz band o ai poeti americani, modificando il testo originale, ha  santificato anche il nostro Pier Paolo Pasolini. L’altro italiano venerato dalla sacerdotessa del rock è stato Giacomo Leopardi ma la sua poesia, l’Infinito, è stata letta in inglese, acquistando un inaspettato fascino anche per il nostro orecchio e per il nostro sguardo, abituato a lanciarsi oltre la siepe fin dai banchi di scuola. Va ricordato che Patti Smith è anche una poetessa e che spesso scrive versi ispirati alle canzoni o lega le seconde ai primi: risale a dieci anni fa un adattamento di “Impressioni di Settembre” ad una sua poesia, quando sul palco dell’Ariston fu ospite insieme ad altri artisti internazionali chiamati ad omaggiare la canzone italiana.  L’Infinito, nelle corde della sacerdotessa del rock diviene ricca di suggestioni infinitamente romantiche che richiamano la bellezza dei nostri paesaggi, la nostra arte e che Patti lega al racconto della sua trasferta a Napoli e alle sue chiese, che l’hanno vista turista poco prima di raggiungere Roma per il concerto al Parco della Musica. SCALETTA Grateful Redondo Beach Footnote to Howl (Allen Ginsberg cover) My Blakean Year The Wicked Messenger (Bob Dylan cover) One Too Many Mornings (Bob Dylan cover) Nine Dancing Barefoot Beneath the Southern Cross Walk on the Wild Side (Lou Reed cover) Boy Cried Wolf After the Gold Rush (Neil Young cover) L’Infinito (Giacomo Leopardi’s poem read in english) Pissing in a River Because The Night Gloria Bis: People Have the Power

Pubblicato da musicheculture

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