Sting in concerto e una vita da raccontare

In attesa di ascoltarlo in Italia (l’11 luglio a Mantova, il 12 a Stupinigi, il 14 a Roma) oggi parliamo di Sting, che prosegue il suo tour internazionale e porta avanti anche le sue iniziative benefiche registrando puntualmente il sold out in tutti i teatri nei quali si esibisce. E’ ciò che è accaduto a Pittsburg anche lo scorso lunedì, quando l’ex bassista dei Police ha cantato alla Heinz Hall accompagnato dall’Orchestra Sinfonica di Pittsburg che ha vinto il Grammy Haward. Impeccabile nella sua giacca grigia a righe e un pullover a collo alto, il lord inglese ha sfoggiato la sua classe aprendo il suo concerto con Englishman in New York in mezzo a un tripudio di archi. Si è poi seduto su uno sgabello e ha deciso che quella serata sarebbe stata non solo un concerto ma anche un modo per raccontare di sé e delle sue canzoni: di come sono nate, delle sue vicissitudini. Del resto, col talento intramontabile e quei settantuno anni che si ritrova,  certamente l’artista può permettersi anche di modificare le cose in corso d’opera. Di una canzone come Roxane ha parlato molto ribadendo come gli abbia cambiato la vita. E’ noto che questo brano del 1978 portato al successo dai Police fosse nato qualche tempo prima, quando la band, ancora sconosciuta, soggiornava in un albergo di terz’ordine di Parigi frequentato da prostitute. Roxane sarebbe una di queste, ma il nome è di fantasia: ispirato da un personaggio della commedia di Cyrano de Bergerac della quale Sting vide un poster affisso a un muro. La cosa curiosa è stata che, mentre lui intonava: “Roxane, non devi accendere la luce rossa/quei giorni sono finiti/non devi vendere il tuo corpo alla notte”, le luci rosse venissero accese facendo da sfondo al palco, giusto per richiamare le atmosfere dei vecchi bordelli di Parigi. Il pubblico, immerso nell’atmosfera, ha ovviamente ascoltato e cantato con partecipazione spingendo l’artista a raccontarsi di più. Perciò, durante la serata grande spazio è stata data all’improvvisazione, sia orchestrale sia vocale, con ritornelli estesi e ripetuti, mentre gli orchestrali non hanno lesinato gli effetti speciali, come una raffica di piatti sinfonici ruggenti che si è sentita su When We Dance. Fields of Gold, canzone che ha decretato il successo di Sting da solista, ha dato modo all'”English Man ” di confessare al pubblico d’aver fatto una cosa molto snob: comprare una casa enorme, delle dimensioni di un castello, nel verde della campagna inglese per circondarsi di quei filari d’orzo dorati che gli hanno ispirato la canzone. E per restare immerso nelle atmosfere campagnole, ha omaggiato anche un grande della musica country-western: Johnny Cash, cantando Hung My Head, una canzone che, “tranquilla”, non lo è di certo, visto che racconta di una sparatoria e della morte accidentale di un fratello. Dopo una pausa di venti minuti, il concerto è ripreso in una forma più acustica e scarna: basso e piano hanno accompagnato Pratical Arrangement, canzone tratta dall’album The Last Ship del 2013. Poi, si sono spente anche le luci e sotto l’unico riflettore rimasto acceso, Sting ha cantato What Say you, Meg?, sempre tratta da the Last Ship, che è anche un musical di Broadway. Il pubblico è stato travolto dalle emozioni su una bellissima interpretazione di The Shape of My Heart e poi Justine Campagna ha aggiunto un bell’assolo di violino alla già splendida Could Have Been. Russians, bella e drammatica canzone contro la guerra fredda del 1985, è stata dedicata al popolo ucraino. Sting ha precisato: “Anche i russi amano i loro figli, ma mi domando se lo faccia anche il Cremlino!”. Le canzoni conclusive del concerto sono state: King of Pain, mentre i fan applaudono e i violinisti hanno eseguito note in una lunga dissolvenza che ha generato un silenzio inaspettato e coll’assistente del direttore d’orchestra, Mooh  Doh, che pendeva dalle labbra di Sting attendendo un suo cenno per riprendere a suonare. Al termine di questa canzone, Sting ha ripreso i panni della rockstar per cantare Every Breath You Take e allora il pubblico s’è alzato in piedi per cantarla tutta insieme a lui. Per cantare della “dolce ebbrezza dell’amore” di Desert Rose, Sting ha fatto una cosa non nuova: invitare sul palco una fan per ballare con lui, ma questa non è stata un’improvvisazione, poiché la cosa era stata organizzata prima del concerto. Per tornare di nuovo seri e ribadire il proprio “no” alla guerra, Sting si è seduto di nuovo sul suo sgabello, ha imbracciato la chitarra e ha cantato Fragile, dedicandola nuovamente all’Ucraina e alle donne iraniane in cerca della libertà. Fragile ha chiuso un concerto che ha visto molte variazioni. Altri brani in scaletta ed eseguiti sul palco sono stati: Why Should I Cry for You, End of The Game e Every Little Thig She Does is Magic. Vi propongo una gustosa versione di Every Breath You Take, tratta dal concerto che Sting ha tenuto con la Pittsburg Sinphony Orchestra lo scorso gennaio.

Pubblicato da musicheculture

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