My best playlist: rock intramontabile e creatività italiana nascente

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Una certa pigrizia che mi prende l’ultimo dell’anno, i miei impegni familiari, m’impediscono di tirare le somme di quest’anno di musica, il 2012, così meraviglioso com’è stato, in  modo articolato. Intanto, però, posso dire con enorme soddisfazione che: la musica italiana, soprattutto quella d’autore e quella  “indie”,  hanno brillato di una luce nuova e insolita; l’elettronica e il soul (internazionali) sono tornati a splendere di una luce rinnovata; lo zoccolo duro del rock – i veterani –  trionfano nelle classifiche grazie alla classe e alla loro vena creativa ancora molto vitale.

Tra i più bei dischi del 2012 ho apprezzato soprattutto BANGA – di Patti Smith e mi sono lasciata conquistare dal fascino intramontabile di un vecchio cavallo di razza – Neil Young – che, col suo Psychedelic Pill, nitrisce ancora e dimostra d’essere in forma smagliante come ai tempi dei Crazy Horse. Con un po’ di campanilismo potrei dire, in fine, che molti giovani artisti italiani si stanno affacciando all’orizzonte musicale (quelli venuti fuori dal Premio Tenco o dal circuito indie, per esempio) e che sono destinati, non soltanto al successo ma, a spezzare anche la monotonia di quel pop nazionale, ormai troppo piatto e abituato a replicare se stesso fino a consumarsi.

Non amo molto ripetermi o auto-citarmi e perciò, per avere una lista dei miei ascolti targati 2012, vi rimando alla pagina delle recensioni e a quella dei miei  podcast!

Una meravigliosa fine d’anno a tutti, un grande inizio e un trionfale proseguimento nel 2013 per tutti voi!

Pubblicato da musicheculture

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3 Risposte a “My best playlist: rock intramontabile e creatività italiana nascente”

  1. Interrsssnte.il rock cmq diventa conservatore.ke ne pensi dell’ultimo dei county crons?

  2. Underwater Sunshine è un ottimo disco di cover folk-rock/alternative suonato alla maniera dei county crowns. Dopo anni passati a pubblicare per le major, il gruppo di Adam Duritz, nel 2012, ha pubblicato quest’album con un’etichetta indipendente, concedendosi la massima libertà espressiva possibile. Certo, sotto molti aspetti, il progetto può sembrare scontato: un disco di cover non ha mai molte chance per brillare d’originalità, ma sotto altri aspetti, l’operazione di recupero di brani sconosciuti (Jumpin’ Jesus dei mai sentiti prima Sordid Humor), può risultare curiosa, soprattutto perché viene accostata ai successi di pezzi da novanta quali Bob Dylan, Graham Parsons e così via. La Band, poi, ha sempre avuto un’ottica conservatrice: fin dall’esordio, si è posizionata al crocevia tra il blues, il rock e il country, recuperando il suono “classico” americano. In quanto al “conservatorismo” del rock: non sono molto d’accordo. I mostri sacri, i veterani (che molti oggi definiscono dei “dinosauri”), stentano a farsi da parte, tuttavia, nei loro ultimi sussulti – tra nostalgia ed auto-celebrazione – riescono ancora a mettersi in gioco. IL disco di Neil Young, per esempio: vuole recuperare l’essenza del vero rock, e ci riesce, senza mummificarlo. Patti Smith: riconferma sé stessa, il suo credo, la sua arte a 360 gradi eppure riesce a spingersi ancora più avanti, conferendo al suo disco molta originalità. Non credo che -nel rock – stia emergendo una mania conservatrice: piuttosto gli artisti (le vecchie glorie) puntano a parlare il loro linguaggio e ad affermarlo, al di là di mode ed epoche. Springsteen (che ha realizzato un disco bellissimo) è Springsteen; Dylan (Tempest è uno dei suoi migliori album di blues-rock) è Dylan; Gli stones sono gli Stones…Ed è giusto che affermino tutto ciò – che si rendano riconoscibili -, provando ancora a cavalcare il cavallo dell’origninalità ma anche, soprattutto, a calcare la loro impronta di stile.

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