Pussy Riot: la bravata responsabile di una figuraccia internazionale

Dmitri A. Medvedev mercoledì scorso ha detto che due anni di carcere per le Pussy Riot sono una pena troppo dura da scontare. Ha ribadito che agli occhi dell’Occidente la profanazione della più importante cattedrale ortodossa della Russia appare poco più che una “bravata”. Ha esternato questo pensiero nel corso di una riunione con i funzionari di Russia Unita, il partito pro-Cremlino che lo appoggia. IL primo ministro, per non scandalizzare i suoi sostenitori, è stato attento e perentorio nell’affermare che lui non approva ciò che le Pussy Riot hanno combinato e che anzi: il loro canto di protesta anti-Cremlino, messo in scena nella Cattedrale di Cristo Salvatore, gli dà la nausea. Tuttavia – dice – sei mesi di carcere per il gruppo punk sono a suo parere più che sufficienti, che, pur condividendo la sentenza di condanna, due anni di carcerazione gli sembrano “improduttivi”. La questione delle Pussy Riot ha messo gli occhi del mondo addosso alla Russia e la condanna è stata unanime. Ora Medvedev teme la figuraccia internazionale anche perché l’avvocato delle ragazze, Nikolai Polozov, non ha smesso di fare dichiarazioni pubbliche: recentemente, alla stazione radio Kommersant-FM, ha detto che l’arresto e la condanna a due anni per le Pussy Riot sono stati un cul de sac per le autorità russe: “La comunità internazionale fornisce una valutazione univoca di questo caso, e la reputazione della Russia sta scendendo rapidamente e allora le autorità stanno cercando di trovare una soluzione in modo che possano salvarsi la faccia.” Per la cronaca: le Pussy Riot avevano intonato un canto alla Madonna affinché liberasse la Russia dalla “dittatura” di Putin; nel marzo di quest’anno Putin ha vinto le elezioni presidenziali in Russia (subentrando a Medvedev che, dalla fine del suo mandato, è stato eletto Primo Ministro). L’elezione di Putin a presidente della Russia è stata celebrata con una cerimonia, a maggio, che a molti è sembrata una specie d’incoronazione (le Pussy Riot nella loro canzone l’avevano paragonato ad uno Zar): polizia antisommossa in tuta mimetica per le strade, controlli e perquisizioni nei bar e negli esercizi commerciali e colpi di cannone a consacrare la sfilata sul tappeto rosso di Putin mentre, tornato al Cremlino (era già stato eletto presidente prima di Medvedev, fino al 2008), riporta con sé quell’atmosfera cupa e repressiva, inaugurata dagli scontri violenti tra i manifestanti (suoi oppositori) e la polizia. Anche le Pussy Riot erano tra gli antagonisti, o almeno, loro si sono opposte a Putin con quella loro esibizione in chiesa: una protesta politica (di denuncia contro i presunti brogli elettorali che avrebbero portato alla rielezione di Putin) mal compresa nella ragione religiosa e dal sentimento popolare russo che non avrebbero potuto non condannare dunque quel concerto improvvisato in chiesa, considerandolo come un’offesa alla sensibilità religiosa e alla tradizione. Le riot grrrl (di cui le Pussy Riot fanno parte) sono un collettivo femminista e politicamente impegnato che agisce sotto rigoroso anonimato. È attivo a Mosca, città che fa da palcoscenico ai flash mob e alle performance estemporanee attraverso cui il gruppo dà espressione a provocazioni politiche nei confronti dell’establishment politico che riguardano, per esempio, la situazione delle donne in Russia, o, più recentemente, la campagna elettorale e i presunti brogli. Per quel che riguarda le 3 cantanti arrestate: personalmente, non so giudicare quanto politicamente consapevole o ingenuo fosse stato il loro gesto, oppure quanto l’avessero calcolato, allo scopo di suscitare clamore e dubbi internazionali sullo stato di democrazia e di laicità in Russia. Certamente le Pussy Riot hanno acceso i riflettori su di sé e mentre, da artiste, promuovono la loro musica e le loro idee (trovando fans in tutto il mondo ormai), l’episodio del loro arresto viene usato come pretesto dai rivali politici di Putin per affilare le armi. Le esternazioni di Medvedev non avranno il potere di ridurre la pena che le Pussy Riot dovranno scontare ma certamente daranno alla comunità internazionale le parole che si aspetta. Sicuramente Medvedev apparirà per quello che è da sempre: un liberale, molto più liberale di Putin. Per quel che riguarda le Pussy, penso che mettersi a calcolare a posteriori la misura più giusta della pena da scontare, oggi serva soprattutto a rispondere all’opinione pubblica internazionale e a sondare il livello d’apertura mentale dei russi nei confronti di idee ed espressioni considerate troppo poco tradizionali ed ortodosse. In Russia esiste il reato di blasfemia. In Italia, se un gruppo di artisti avesse fatto irruzione in San Pietro e avesse dato del “cane” al papa (com’è successo con le Pussy Riot e il patriarca russo), sarebbe stato comunque arrestato e condannato per una tipologia di reato che va dal disturbo alla quiete pubblica all’incitamento all’odio. Tuttavia ciò che mi domando è: quella delle Pussy Riot era solo una canzone riuscita male, non proprio un canto di pace o un inno alla democrazia – per come la vedremmo noi “occidentali”, abituati dalla nostra storia sociale ad ascoltare un certo tipo di musica, quella che viene dai cantautori come Dylan o dalla nostra tradizione storica e politica italiana per esempio?  E se avessero trovato un modo diverso per esprimersi: provocatorio abbastanza da spingere la gente a pensare, ma meno maldestro, sarebbero riuscite a conquistare il cuore e l’intelligenza dei russi, spingendoli a riflettere sulla loro presunta “chiusura” nei confronti di un mondo più laico, più aperto e plurale? I giovani russi ci sono ed hanno le idee aperte. Sono proiettati verso quello che succede al di fuori dei loro confini. Per il resto della popolazione la politica di Putin è piuttosto lontana dal comprendere le reali esigenze dei cittadini e mentre il gruppo punk resta in carcere, Putin ritorna ad essere presidente dopo l’intervallo della presidenza di Medvedev. Quest’ultimo, delfino di Putin, fu eletto perché la Costituzione Russa vieta che un presidente possa essere eletto per 3 mandati consecutivi. Secondo Freedom House e altre organizzazioni no-profit, oltre che per gli oppositori politici, Putin è un uomo politico autoritario ed oligarchico, con contorni dittatoriali. Putin e il suo governo vengono accusati anche di numerose violazioni dei diritti umani, soprattutto in Cecenia, nonché di limitare la libertà d’espressione. Probabilmente le Pussy Riot, al di là della “bravata” del disturbare la gente che prega in una chiesa e della qualità artistica della loro canzone, sapevano quello che stavano facendo. Per quei pochi che ancora non lo conoscessero, riporto il testo tradotto in italiano della “preghiera punk” delle Pussy Riot, accennando anche alla legge “sperimentale” adottata da Putin che vieta la manifestazione di ogni espressione di natura omosessuale: “Madre di Dio, Vergine, caccia via Putin! caccia Putin, caccia Putin! Sottana nera, spalline dorate. Tutti i parrocchiani strisciano inchinandosi. Il fantasma della libertà è nel cielo.Gli omosessuali vengono mandati in Siberia in catene. Il capo del Kgb è il più santo dei santi. Manda chi protesta in prigione. Per non addolorare il santo dei santi le donne devono partorire e amare.Spazzatura, spazzatura, spazzatura del Signore. Spazzatura, spazzatura, spazzatura del Signore. Madre di Dio, Vergine, diventa femminista. Diventa femminista, diventa femminista. Inni in chiesa per leader marci, una crociata di nere limousine. Il prete viene oggi nella tua scuola. Vai in classe, portagli il denaro.Il Patriarca crede in Putin. Quel cane dovrebbe piuttosto credere in Dio. La cintura della Vergine Maria non impedisce le manifestazioni. La Vergine Maria è con noi manifestanti. Madre di Dio, Vergine, caccia via Putin. Caccia via Putin! caccia via Putin!”

Pubblicato da musicheculture

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