CONCERTO DEL PRIMO MAGGIO: PERSONE, MUSICA E COLORI PER LA PACE

Soltanto un titolo così può riassumere l’emozione che ho provato tornando finalmente al Concertone, il mio primo, grande, concerto dopo due anni di pandemia. Nel cuore di tutti, artisti, giornalisti, conduttori, pubblico, l’amore ritrovato per la musica, la gioia di potersi incontrare di nuovo e il desiderio unanime della Pace. Una Pace scandita, reclamata a più voci, nota dopo nota, fra le performance degli artisti e i cori improvvisati dal pubblico che intonava le canzoni di Vasco, Rino Gaetano e Lucio Battisti tra un cambio di palco e l’altro ma, soprattutto, “Bella Ciao” all’apertura del concerto quando, una rappresentanza dei rifugiati in Italia scappati dai loro paesi in guerra con al centro Kateryna Pavlenko, la cantante del gruppo ucraino dei Go-A, si posizionava dietro ai microfoni sul palco allestito in Piazza San Giovanni per poi recitare i versi di Imagine,  tradotti ognuno nella lingua del proprio paese natale e poi cantarla in versione originale, con le stesse speranze di John Lennon nel cuore e qualche venatura soul in più: «Tutti noi proveniamo da zone di guerra e abbiamo lanciato un messaggio di pace. La musica è linguaggio che ci unisce da sempre». Ambra Angiolini, per la quinta volta presentatrice del Concertone organizzato da CGL, CISL e UIL, ha fatto il suo ingresso sul palco, maglioncino a strisce azzurre e gialle (i colori della bandiera dell’Ucraina) e ha pianto per l’emozione di ritrovarsi a condurre l’evento accolta dall’affetto del pubblico, finalmente presente, partecipe e numeroso. Nel suo discorso introduttivo Ambra si è resa portavoce dei sentimenti che proviamo tutti in questo momento contro la guerra che non vogliamo e verso la pace,la libertà, la dignità e la giustizia sociale che tanto agogniamo. Dopo qualche minuto la presentatrice ha lasciato di nuovo il palco all’esibizione dei Go-A, gruppo che ha rappresentato l’Ucraina all’Eurovision Song Contest nel 2021: Cateryna ha cantato stringendo tra le mani un nastro con i colori del suo Paese;  Ambra, durante le pause pubblicitarie, ha scherzato e chiacchierato col pubblico che le era mancato, con la verve di sempre e l’accento della ragazza del quartiere Monte Mario, per la gioia di stare in una piazza, gremita fino a sera da 200 mila persone. Il pomeriggio è stato dei giovani e dei meno giovani: sul palco sono saliti i vincitori del contest 1M NEXT 2022, senza lasciare il segno; i Bandabardò con Cisco, a detta dei due spettatori miei vicini, veri estimatori del Concerto, invece “hanno spaccato” regalando una splendida performance in stile folk rock. Gridano la pace e contro la guerra, ricordano le morti sul lavoro, il valore inestimabile della vita umana e dell’amore universale le canzoni del Primo Maggio. C’è spazio per sognare e sperare, come avete ascoltato. Ce n’è poco per festeggiare e “fare casino” – in questo concerto visto da lì, in Piazza San Giovanni – qualcosa si concede alla nostalgia,  al romanticismo dei cantautori di nuova generazione, l’abbraccio generale diventa un atto di ribellione e la consapevolezza dell’essere vivi, se oltre i nostri confini italiani ci sono le guerre. BigMama ha parlato d’inclusione e accettazione di sé, prima di proporre le sue canzoni. La green influencer  Federica Gasbarro ha parlato d’ambiente e di come possiamo salvaguardarlo mentre sotto il palco alcuni attivisti di Greenpeace inscenavano una protesta contro l’Eni, uno degli sponsor del concerto, liberando nell’aria palloncini gialli biodegrabili col simbolo del leone, ma che sputa fiamme e brucia, accompagnato dal messaggio: “Eni inquina anche la musica!”. Anche gli  attori o i giornalisti saliti sul palco per parlare di morti ingiuste, di migranti, dell’acqua come bene comune, della guerra che hanno visto e narrato coi loro occhi, hanno voluto omaggiare letteratura e canzoni a tema. Luca Barbarossa lo abbiamo ascoltato cantare una sua nuova canzone sull’amore capace di vincere sull’arroganza del potere, di vincere su tutto, capace di “fare invidia perfino a Dio”. Sul palco insieme agli Extraliscio il cantautore romano contro la guerra ha cantato la canzone “Il disertore” di Boris Vian (testo in italiano di Ivano Fossati) e ha fatto sue le parole di Gino Strada per urlare: “la guerra fa schifo! L’utopia dell’abolizione della guerra è il testimone che Gino Strada ci ha lasciato e noi dobbiamo crederci: come nel Settecento alcuni credettero nell’abolizione della schiavitù, noi non dobbiamo smettere di credere nell’abolizione definitiva della guerra!”. Ornella Vanoni, debuttando sul palco del Primo Maggio come Marco Mengoni, ha detto: “non voglio applausi alla fine di questa canzone, perché è una canzone sulla gente che muore” e si tratta di “Construçao”  di Chico  Buarque de Hollanda, tradotta in italiano col titolo di “Costruzione” da Sergio Bardotti. Ho vissuto un concerto dal forte impatto emotivo, respirando tanta rabbia e opposizione alla guerra che potrei riassumere nel grido di Fabrizio Moro: “Non mi avete fatto niente, questa è la mia vita che va avanti, oltre le vostre inutili guerre”. Carmen Consoli sulle corde della chitarra fa vibrare le note di “Bella ciao”. Energica e viscerale come non mai, sale sul palco insieme a Marina Rei che l’accompagna alla batteria facendo di “Per niente stanca” un inno alla resistenza e alla resilienza, per quel che mi riguarda. Le sue inquietudini “mediamente isteriche” hanno echi grunge. La cantantessa canta forte la rabbia e le sfumature del mondo femminile (le canzoni sono: “Besame Giuda”, “Gheisha” e “Confusa e felice”) e sembra voler spaccare il mondo o almeno quello che brucia, sotto le bombe o dentro di sé. Su di me l’esibizione di Carmen Consoli ha un effetto catartico e liberatorio. Molto spettacolo hanno offerto i cantanti e i ballerini con Riccardo Conciante sul palco con un estratto dal musical “Notre Dame de Paris”; squisitamente rock è stato anche Enrico Ruggeri in splendida forma; nemmeno un altro veterano, come Max Pezzali, si è risparmiato cantando col pubblico a cappella a causa di un incidente tecnico; bravo Colapesce, bravi tutti e fino alla fine. Ma desiderando raccontare il “mio” Concerto del Primo Maggio 2022, così come l’ho vissuto, su questo blog (il live lo trovate comunque su Raiplay), posso dire che si apre emozionandomi con quel sogno di pace impresso nell’anima da Imagine e si chiude con l’emozione più forte che mi travolge, quando Marco Mengoni interpreta Blowin’in the Wind facendola sua, nostra, tra le lacrime che mi scendono, i brividi che mi pervadono, quando la voce del cantante si strozza per un attimo di commozione, di dolore avvertito e trasferito al pubblico e a me perché, in quell’attimo, la domanda di Bob Dylan è ridiventata  tragicamente attuale:  quante altre guerre dovremo ancora subire, vedere, raccontare, cantare,  prima che l’umanità possa vivere per sempre in pace? “Io sogno il giorno in cui l’ascolteremo e penseremo che questa è una bellissima canzone e per fortuna parla di qualcosa di assurdo, di surreale, che il vento ha portato via con sé”. Parole di Marco Mengoni, che racchiudo tra le virgolette per abitudine professionale ma che, in realtà, sono di tutti, sono il sogno che più ci appartiene in questo 2022, come era appartenuto alle generazioni passate a partire dal 16 aprile 1962 (quando Blowin’ in the Wind fu cantata per la prima volta) e che dobbiamo far in modo che diventi un qualcosa di surreale per il domani, lavorando per la Pace…

Pubblicato da musicheculture

Musicheculture, sito di informazione, storia, attualità e cultura musicale diretto Giuseppina Brandonisio,

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