Erano gli anni della contestazione. Più precisamente, era il 1979. La canzone, contenuta nell’album Roccando Rollando, fece parlare di sé. Ma, a più di quarant’anni di distanza, eccola che torna. Oggi come ieri, Finardi prende posizione a favore della legalizzazione delle droghe leggere. Dopo le dichiarazioni di Matteo Salvini che, il 20 agosto scorso, durante un comizio a Pinzolo, in Trentino, ha affermato che i programmi elettorali del Partito democratico e della sinistra propongono la «possibilità di coltivarsi la droga in casa, di consumarla e di spacciarla senza essere sanzionato», anche la musica risponde al leader della Lega per sottolineare come la legalizzazione delle droghe leggere potrebbe certamente contribuire a ridurre l’affollamento delle carceri. Per dovere di cronaca va sottolineato che le affermazioni di Salvini siano false o comunque esagerate: il programma del Partito democratico propone di legalizzare solo la coltivazione della cannabis, non della «droga» in generale, e solo per uso personale, non per lo spaccio. Anche il programma di Europa verde e Sinistra italiana propone la stessa cosa e di cambiare le norme affinché, come dice il testo della canzone, il possesso di droghe leggere non sia più considerato un reato che comporti la reclusione. E ciò, allo scopo di ridurre le incarcerazioni legate agli stupefacenti. Attualmente si stima che il 30% dei detenuti italiani sia in carcere per possesso di cannabis e, mentre aumentano (per fortuna!) i sequestri da parte della polizia delle droghe pesanti, come eroina, cocaina, metanfetamina e devastanti o mortali cocktail e pasticche “fai da te”, le forze di Sinistra, l’Associazione Luca Coscioni e Gherardo Colombo (ex magistrato di Mani Pulite) chiedono la legalizzazione della marijuana per permettere allo Sato di risparmiare 3 miliardi l’anno di spese per il sistema carcerario. Insomma, legalizzare e regolare il “fumo”, con ferme limitazioni per l’uso di alcool e di tabacco e droghe leggere per i minorenni, contribuirebbe anche alla riduzione del traffico criminale. Insomma, Legalizzatela è un manifesto scritto 43 anni fa che testimonia come l’Italia, Paese di santi, navigatori, poeti e cantautori, sia in realtà immobile, ferma nel tempo, adagiata sullo scontro politico, sempre più velenoso e sempre meno costruttivo.