Wu LYF

Da più di un anno spopolano in Inghilterra. MNE definisce la band di Manchester come la rivelazione del 2011. Un anno fa, il loro primo singolo, Heavy Pop, andò letteralmente esaurito in poche ore dal loro sito. Decisero davvero di fare il botto, stabilendo il prezzo d’ingresso all’ An Outlet (locale di Manchester nel quale si esibivano) a una sterlina. I discografici ovviamente meritavano un trattamento particolare, quindi di sterline dovevano pagarne 3! In poco tempo diventarono legenda e la stampa britannica si interessò a loro. Sono in quattro ma vantano una schiera di affiliati: il termine più esatto per definire questo gruppo è quello di collettivo. Infatti, i Wu LYF (abbreviazione di World Unite/Lucifer Youth Foundation) somigliano di più ad un’associazione autogestita di musicisti, poeti, scrittori, artisti di vario genere e persone di ogni risma, la cui filosofia anarchica ricorda in parte il Fluxus e la Londra degli squatter o post-punk. Non amano troppo i riflettori ma sanno sfruttare abilmente il fascino del mistero che li circonda per far parlare di sé. Fino a poco tempo fa, non avevano nemmeno una pagina su myspace. Ora, dal loro sito, ci fanno sapere che hanno le idee chiare sul genere di musica che fanno: Heavy Pop, che è anche il titolo del loro singolo di debutto. Due settimane fa, hanno tirato fuori un concept album che in realtà è un pastiche che mescola l’ultrapop, la psichedelia degli anni ’70, l’elettronica degli anni ’80, il tutto condito da un organo invadente che vuol dare un tocco di “sacralità” (mah) alla loro musica. Art rock che vuole espandresi e superarsi ma che si colloca in bilico tra l’inventiva e la megalomania più cialtrona. Sono passati (inosservati) anche dall’Italia (si sono esibiti all’Uovo performing arts festival di Milano, il 25 marzo), mentre, in quel della cittadina britannica, c’è chi parla di loro come di fenomeni mondiali. C’è da dire che una “filosofia” questi Wu LYF dimostrano d’averla davvero, se non altro per le tematiche sociali, antropologiche e ambientali che affrontano nelle loro canzoni: Ellery Roberts, il leader del gruppo, canta con voce sofferta dell’agonia della terra. Il brano in questione è Spitting Blood, il cui video ha ricevuto i complimenti di Michel Gondry, regista del film L’arte del sogno. Ricordano un po’ gli Swans o i British Sea Power. Dal Guardian ci avvertono che si tratta di un gruppo animato da un grande fervore spirituale e da intenti rivoluzionari. Il resto: giudicatelo voi.

Pubblicato da musicheculture

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5 Risposte a “Wu LYF”

  1. inquietanti?
    A me sembrano una via di mezzo tra un modo originale di mescolare le carte (un po’ di elettronica pop degli anni ottanta, di post-rock…)e la tendenza un po’ ruffiana ad autoincensarsi perché si definiscono “pop” per esser alla portata di tutti, ma poi vanno oltre il genere. Cercando di definire questa loro “mistura” musicale: hanno un “pop pesante” per la sovrapposizione delle linee melodiche (sottolineate soprattutto dalle tastiere) e quella voce inquietante. Accordi e scale sono quelli tipici della musica anni ’80, con qualche distorsione – psichedelica ma non troppo – ma con risvolti “diabolici”. Insomma: heavy pop, concettualmente, dovrebbe significare per loro un tentativo di andare oltre il pop, per rivoltarlo come un calzino, tirandone fuori il lato oscuro e contorto. Molte delle loro canzoni (a cominciare proprio da Wu Lyf) seguono questa evoluzione: tastiere – arpeggi di chitarra – accompagnamento batteria. Poi…il salto nel “lato oscuro” della musica: la voce del cantante, il ritmo che si fa incalzante, le chitarre stridenti. E’ come se fossero i Pet Shop Boys che suonano dopo aver visto l’inferno.
    E anche nei loro testi, come nei loro video, i mix di citazioni musicali sono tantissimi: prendi per esempio LUCIFER CALLING: sembrano grunge nel senso più classico del termine ma, allo stesso tempo, rimettono quelle tastiere che stridono con tutto il resto del pezzo. Creano una sorte di frattura, una contraddizione che genera i loro pezzi. E Spitting Blood, per esempio, incarna perfettamente questa loro concezione musicale, che è anche un po’ la loro filosofia. Io non sono certa che in questo loro modo di giocare col “risvolto oscuro” del pop ci sia qualcosa di innovativo. Però sono convinta che i Wu Lyf sappiano stratificare e sovrapporre ad arte diverse influenze musicali.

  2. …scusatemi per la moderazione ma proprio non riesco a disattivarla! persino i miei commenti….devo auto – approvarmeli, altrimenti non appaiono!

  3. Scusa ma a me questa storia del “lato oscuro del pop” mi pare ‘na strunz***** a metà tra la megalomania un po’ ruffiana e l’inventiva cialtrona 🙂
    più che una frattura, col pop che diventa “nero”, mi sembra che sovrappongono un po’ di elementi per cercare di essere originali. Non mi dispiacciono e nemmeno mi esaltano. Il cantante ha una voce terrificante!

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